MUTA IMAGO palco h 21.30

comeacqua


Ideazione:

Glen Blackhall, Riccardo Fazi, Simona Frattini, Fabio Ghidoni, Claudia Sorace, Massimo Troncanetti

Produzione: Muta Imago

Vestiti: Fiamma Benvignati

Con: Glen Blackhall, Simon Blackhall


Prendiamo l’acqua, e poi una corda, dei sacchetti di plastica e un tavolo di ferro.

Del tavolo facciamo casa, nave e tempesta. L’acqua la chiudiamo nei sacchetti e da lí tiriamo fuori oggetti che creano mondi e visioni. La ghiacciamo e la trituriamo, l’acqua, per capire come funzionano le cose; la facciamo cadere dall’alto perché quando ci si separa non può che fare brutto tempo; la tagliamo via dal corpo, la illuminiamo e la sbattiamo nei vetri, perché bisogna crescere; la coloriamo e la soffiamo nei tubi, perché ci si possa capire; ci balliamo sopra, nudi come bambini, perché la vita non è un cerchio, ma una spirale.


Qui raccontiamo una storia che proprio come l’acqua, tema e mezzo principale, vuole attraversare, scorrere, specchiare, mutare in continuazione restando comunque sempre la stessa.

Una storia che cerca il più possibile di non affermare punti di vista assoluti, significati chiusi, strutture definite, ma piuttosto vuole aprirsi a chi guarda in nome della possibilità di perdita e di pensiero.

comeacqua rifiuta il tempo teatrale classico, accelerato, che lavora per aneddoti e trame.

Ci guida nelle sue piccole e continue variazioni, riempie gli spazi vuoti, si assesta nei piccoli interstizi.


“Quello che colpisce è la perfezione assoluta del gioco scenico, la precisione, l’esattezza, e quindi l’eleganza e l’armonia dei passaggi, la nitidezza formale di questo continuo rilancio di fantasie, la straordinaria capacità evocativa, più narrativa che simbolica, e, finalmente, più descrittiva che concettuale.”

Antonio Audino, Il Sole 24 Ore 03/06/07


“Un Nautilus della ricerca sulle rotte di Remondi e Caporossi (…) facce e corpi infradiciati, vetro irrigato, ghiaccio secco in fumo: azioni, debilitazioni, assemblaggi: c’e’ un criterio nella follia acerba di Comeacqua di Muta Imago”

Rodolfo di Giammarco, La Repubblica 09/02/07


“Un lavoro denso, stracolmo di idee e decisamente complesso. Il primo capitolo è bellissimo e suggestivo (…) Lo spazio scenico a tratti incanta e perfino commuove”

Marco Andreoli, Hystrio n. 2, 2007


La bellezza delle immagini sceniche, curate dagli ideatori con precisione e rara pulizia, desta una scossa epidermica. Sotto la pelle, ciò che si agita è una strana inquietudine, dettata da questo autismo contemporaneo dei rapporti per cui si può parlare d’amore, di vita e fratellanza ma solo da dentro una teca di cristallo, che lasci vedere bene la realtà ma allo stesso tempo ce ne tenga al riparo. “We’re just two lost souls swimming in a fish bowl”, cantava anni fa chi dei muri interiori avrebbe fatto arte mondiale….

Graziano Graziani, La Differenza 21/05/07


LA STORIA

Comeacqua è nato dopo un anno è mezzo che si lavorava insieme. Ma è arrivato per caso, non lo aspettava nessuno: a marzo del 2006, quando ci venne comunicata la notizia di un piccolo finanziamento da parte del comune di Roma per un progetto a tema, eravamo impegnati a tirarne su un altro, di spettacolo, che avrebbe debuttato proprio a Roma e che nelle nostre intenzioni ci avrebbe reso presto conosciuti. Hong Kong al quarantesimo chilometro, cosí si chiamava. La notizia del finanziamento arrivò a tre giorni dal debutto, il 6 marzo e ci avvertiva che il lavoro doveva essere pronto per il 21 dello stesso mese.

Hong Kong bruciò nel giro della sua breve vita fatta di tre repliche al Teatro dell’Angelo Mai: troppe erano le aspettative, la serietà e la tensione intorno al lavoro (era il primo spettacolo del gruppo che prevedeva un testo completamente originale e attori professionisti con cui si lavorava per la prima volta) che non risultò né troppo bello né troppo brutto: troppo vecchi eravamo noi.

Ne raccogliemmo in fretta le ceneri per chiuderle in una scatola, promettendo a noi stessi che in tempi migliori saremmo tornati ad aprirla.

Nel frattempo mi restavano sette giorni per tirare fuori uno spettacolo da zero. La prima cosa che faccio, metto al lavoro Riccardo, il drammaturgo del gruppo, e Massimo, lo scenografo, poi chiamo i miei due attori preferiti, Glen  e Simona, uno a Pisa e l’altra a Varese, tutti e due immediatamente disposti e disponibili a una breve trasferta romana.

Sette giorni e una sola traccia: lo spettacolo doveva avere in qualche modo a che fare con il tema dell’acqua: il comune di Roma lo produceva insieme ad altri eventi all’interno delle celebrazioni della III Giornata Mondiale dell’Acqua.

Di storie sull’acqua non ce ne venivano. Non volevamo avere a che fare con problematiche terzomondiste o politiche di sorta ma nemmeno volevamo che l’acqua fosse la protagonista del nostro racconto. Non avevamo tempo per costruire un testo nuovo, ma nemmeno volevamo mettere in scena quello scritto da qualcun altro. Le ceneri di Hong Kong scottavano ancora.

E` bastato il primo incontro di gruppo perché prendessimo tutti allo stesso tempo la stessa decisione. Non avremmo fatto uno spettacolo sull’acqua. Avremmo fatto uno spettacolo con l’acqua. L’avremmo usata in scena, lei, con la sua fisicità molesta e tutte quelle forme che riesce ad assumere; l’avremmo usata come pretesto, come mezzo, attraverso il quale raccontare una storia che ci stava molto più a cuore, che poi è la stessa su cui ci troviamo sempre più spesso a lavorare: quella del legame tra le persone e del loro rapporto con il tempo e lo spazio.

Riccardo crea il tappeto sonoro e la drammaturgia, che all’inizio è fatta di piccoli brani, frammenti presi dalle fonti più disparate, ma accomunati dalla presenza dell’acqua al loro interno; Glen e Simona si lanciano in scena e cominciano a utilizzare tutti gli oggetti che Massimo è riuscito a trovare nel nostro sotterraneo/sala prove: insieme a loro ci mettiamo a smontare e rimontare tubi innocenti come fossero mattoncini lego, giochiamo con l’acqua in tutte le sue forme. 

Lo spettacolo debutta al Teatro Sala Umberto il 21 marzo e piace tanto, piace a tutti, quasi più di quanto era piaciuto a noi lavorarci. Troviamo delle date, per il mese successivo, a Pescara, poi di nuovo a Roma, per la prima edizione del Festival Teatropen, organizzato da Villa Celimontana Jazz Festival; ci liberiamo di tutti gli impegni presi in precedenza e dopo una settimana torniamo in prova, questa volta per un periodo più lungo, tre settimane.

La storia prende una forma più definita, i testi si specializzano, le immagini acquistano coerenza, la presenza scenica diventa il centro del lavoro, la visione si fa più chiara. I due protagonisti nascono insieme, creano mondi, giocano come bambini, imparano a conoscersi, diventano grandi, si perdono, si ritrovano da adulti, tornano a giocare, prima che il tempo li spazzi via con un colpo di straccio.

Il lavoro mantiene tutti gli elementi della storia, della narrazione, ma lascia spazi perché ci si possa aprire, allontanare insieme alle parole e alle immagini che non ti costringono a seguirle da vicino.

Finiamo per mettere in scena qualcosa in  modo che chi la veda possa farne qualcos’altro vedendola.

A Pescara, e di nuovo a Roma, lo spettacolo acquista consensi, ma nemmeno una recensione. A chi produce teatro a Roma però comeacqua piace. Veniamo chiamati dagli organizzatori di Enzimi, dove alla fine portiamo, per necessità tecniche del festival, lo studio di un nuovo lavoro, (a + b)3. Il Rialto Sant’Ambrogio sceglie comeacqua per l’apertura della prima edizione del festival Mekané, a febbraio del 2007, insieme a compagnie romane già affermate come i Santasangre e il Teatro delle Apparizioni.

Glen e Simona nel frattempo tornano a Torino in pianta stabile, per le repliche di Links, sempre con Vacis, mentre io torno ad assisterlo per un lavoro con Francesca Reggiani e Riccardo torna ad aiutare il Big Art Group. Poi Simona lascia lo spettacolo, e Fabio Ghidoni prima, Simon Blackhall poi, entrano nel progetto: lo spettacolo cambia, migliora, nelle sue repliche a Roma del Rialto Sant’Ambrogio e del Palladium.

Di nuovo, rimanendo sempre uguale a se stesso: come acqua.

       

Claudia Sorace



Biografia


Il gruppo Muta Imago nasce a Roma nel 2004 dall’incontro tra Riccardo Fazi, regista e drammaturgo, Claudia Sorace, regista, Massimo Troncanetti, scenografo. Fin dall’inizio il lavoro del gruppo si è concentrato sulla creazione di drammaturgie originali, sull’aspetto visivo e installativo e sulla ricerca di un linguaggio performativo adatto a sviluppare le forti valenze immaginifiche del lavoro. Grano (2004), Hong Kong al Quarantesimo chilometro (2006), Don Giovanni (looking for) (2006), comeacqua (2007), (a + b)3 (2007), sono andati in scena all’interno di festival e rassegne come Contemporaneamente (Roma), Enzimi (Roma), Terre d’acqua (Casalmaggiore), Teatri di Vetro (Roma), Kilowatt festival (Arezzo), Villa Celimontana Jazz Festival (Roma), Itinerario Stabile (Cesena), Ubusettete (Roma), Giostra di Maggio (Fidenza), IncontrARTI (Pescara), Anticamere (Roma), Frigo (Roma), Oltre il cerchio perfetto (Roma). Partecipera’ alla prossima edizione della Biennale dei giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo.


La prima cosa che faccio, uscita dalla Paolo Grassi di Milano con un diploma di regia, è raggiungere i miei collaboratori di sempre: Riccardo Fazi, drammaturgo e Massimo Troncanetti, scenografo, che lavoravano insieme a Roma da un anno, producendo performance. Il gruppo si chiama Index Muta Imago (col tempo è caduta la Index ed è rimasto solo Muta Imago) siamo nel novembre del 2004.

Soprattutto quell’ inverno cerchiamo di capire, di conoscere, di vedere il più possibile per poi parlare insieme di qualsiasi cosa per noi fosse importante; ma capita anche di chiuderci per un mese all’interno della Rampa Prenestina, dove nasce uno strano spettacolo, il primo, Grano. Ma la teoria è la prassi, anche perché la pratica è impegnata soprattutto a Torino: dirigo Laura Curino nel suo monologo Una stanza tutta per me, prodotto dal Teatro Stabile. Subito dopo Gabriele Vacis mi coinvolge come assistente alla regia per il suo progetto su Romeo e Giulietta, che ci avrebbe portato a debuttare con R&J – Links nell’autunno seguente. E’ qui che incontro di nuovo i miei compagni della Civica, Glen Blackhall e Simona Frattini, attori che presto avrei incontrato di nuovo.  

Con Riccardo Fazi siamo sempre in contatto, anche quando lui gira per il mondo, e segue Caden Manson e il suo Big Art Group a New York. Si è appena laureato con una tesi sul teatro americano contemporaneo e coglie l’occasione per lavorare come assistente alla regia per House of no more. Continua la collaborazione anche nell’autunno e nell’inverno del 2006, quando a Berlino e a New York è sempre assistente alla regia per l’ultimo lavoro: Dead Set 3. Nel frattempo, in Italia, assiste Cesare Ronconi per la seconda tappa di Paesaggio con fratello rotto nel marzo 2005 e scrive di teatro insieme a Valentina Valentini, docente di Storia del Teatro all’Università di Roma e Cosenza e critica teatrale. Con lui ci incontriamo a Berlino, alle sessioni del master in regia del Gjtis Institut, dirette da Jurij Alschitz.

Massimo Troncanetti non si ferma un istante neanche lui, mentre collabora con Mariana Ferratto alla realizzazione di opere video che girano per l’Italia e diventa assistente dell’artista visivo Alfredo Pirri.

Il lavoro insieme non si svolge in maniera convenzionale, ma eterogenea, curiosa e vivace. Ognuno racconta il suo, e appena si può si lavora per verificare quello che si è pensato mentre si vedeva altri agire. Fino al gennaio 2006, quando, trovato uno spazio fisso per le prove, si inizia a lavorare davvero, con regolarità, ogni giorno. Nasce il primo spettacolo su cui puntare davvero: Hong Kong al quarantesimo chilometro. Fa freddo, è ancora inverno, malgrado le prove finiscano a marzo. Per fortuna presto arriveranno la primavera di comeacqua, e l’estate di (a + b)3.       


Claudia Sorace


TEATRO12 08

   una notte a teatro - II edizione


Il teatro del sonno


  10 maggio 2008 Teatro Comunale di Cesenatico Via Mazzini 10-12 | dalle ore 19 di Sabato 10 alle ore 07 di Domenica 11

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