VIRGINIA VIRILLI palco h 00.00

MICAMADONNE

spettacolo vincitore del Bando Nutrimenti 2007 - Umbria


scritto, diretto e interpretato da Virginia Virilli
suono: Stefano Zazzera
collaborazione alla scelta delle musiche: Dario Della Porta
costume di scena: Sarina Nardi


Un lavoro sulle prime forti voglie e dolori d’infanzia, dei primi anni di vita. Sugli occhi più aperti e registranti, i primi allarmi di corpo, dita e unghie di otto anni che toccano e incidono tutto. Una prima porzione di vita attiva, interiormente mossa ,che non va totalmente protetta, che si accorge, che sa difendersi, esplorata con la scrittura e il corpo esclusivamente attraverso momenti e rifugi appartenuti a tutti: riposini pomeridiani sul letto di nonna, sottotavolo, docce della piscina, tutte e due le ginocchia sgrugnate, la sua furia ladra è preziosa, ha forze inedite, ginniche da pennello, si muove con potenza e grandi ironie su emozioni concrete, con un linguaggio che sputa, che dipinge relazioni e fremiti in pochi secondi, violenta e poi subito via, butta via oggetti contatti sudori, ha torsioni che si accostano molto all’arte.

È una fabbrica molto autonoma.



LA TRILOGIA DI VIRGINIA VIRILLI.*

* estratto dalla presentazione di Mario Moretti  per la messa in scena di “Mammamiro”il 2 Dicembre 2005 presso il Teatro dell’Orologio di Roma.


[…..La    telefonata  di Virginia Virilli ha preceduto un incontro, in cui la mia ex-allieva mi ha chiesto un parere sui testi che stava scrivendo da qualche tempo. Non mi sono impressionato più di tanto: sono, volente o nolente, un gran lettore di cose altrui. Tuttavia, nel corso del nostro breve colloquio, ho oscuramente avvertito che c'era qualcosa di più, questa volta.

Appena uscita Virginia ho cominciato subito a leggere i suoi testi.


L' effetto, di primo acchito è stato folgorante. Ed eccomi qui a parlare della sua trilogia. "Sbinnonna Speranza", "Mammamiro", "Pisciatina" sono i primi tre testi di Virginia Virilli e costituiscono, a tutt'oggi, la sua "summa" drammaturgica. Questo trittico si compone di due monologhi e di un dialogo a due voci tra una bambina di circa dieci anni e sua nonna.  Il tema generale è l' infanzia in tre angolazioni: la scoperta di una prorompente sessualità in "Sbinnonna Speranza", la pudica esposizione di un fatto doloroso in "Mammamiro", il gusto del gioco, di quel travestimento che di per sé è già teatro, ma anche la rivelazione, un po' divertita, un po' schifata, della fastidiosa promiscuità della piscina nel secondo monologo, "Pisciatina".


I tre testi teatrali raccontano in tempo reale ed in luogo  unico (come se l'autrice avesse voluto rifarsi alle antiche unità di tempo luogo e azione) piccoli episodi infantili. In "Sbinnonna Speranza" la consuetudine pomeridiana della siesta, una sorta di rito che nonna e nipotina amano "officiare" insieme, nello stesso letto, assume un imprevisto e imprevedibile risvolto. La bambina, nel tepore amico del lettone caldo di tenerezze familiari dialoga con la nonna prima dell' assopimento. Ed ecco che il comportamento della piccola Licinia nei confronti della nonna si fa ambiguo, il riposino non è più la nostrana, innocua pennichella , la bambina "usa"' il corpo della nonna per sfogare l'impellenza di un desiderio sconosciuto quanto violento. Licinia spoglia con impazienza Nonna Speranza, la costringe ad un bacio sulla bocca, si strofina al suo corpo nudo con una tale impertinente incontinenza che la nonna non può arginare, può solo protestare e bofonchiare in un gustoso dialetto spoletino che dà alla scena un freschissimo sapore umoristico. Ma c'è poco da ridere, la bambina è scatenata, il sesso urge, il raggiungimento del piacere è alle porte, è una deflagrazione, uno sconquasso, una tempesta di sensi. Altro che "I turbamenti del giovane Torless" di musiliana memoria, il letto caldo di Nonna Speranza crea qualcosa di più del turbamento: si impenna, si inarca, si inabissa nell'appagamento. E' il terremoto, scrive Virginia: dopo il quale la bambina scappa, inseguita dagli improperi della nonna sdegnata: "do si 'nnata Nun arcumincià, che sta vorta se pòzzo metteme le sciarpelle te curro dietro e te li strappo come l'erbaccia de lu campu quilli ciurlitti"  Il testo finisce con l'accorata implorazione di Licinia (Virginia?) :" Non glielo dire, Nonna! Non glielo dire a mamma che c'è stato il terremoto!"


"Mammamiro",  il primo monologo di Virginia Virilli, vive intorno ad una  immagine poetica lancinante: una bambina, sotto il tavolo dei "grandi" che giocano a carte, osserva la gamba della mamma. Sa che è malata, ma sua madre non vuole dirglielo. La bambina fantastica poi decide di fare il funerale alla gamba materna. Sempre sotto il tavolo, assembla un pezzo di cartone, aggiunge qualche legnetto, mette la bara intorno all'arto morto. La cerimonia funebre è compiuta.


"Pisciatina", in ordine di tempo, è il monologo che chiude la trilogia dell'infanzia di Virginia Virilli. Una bambina in piscina, all'uscita dalla vasca. Mentre le donne entrano nell'ampia sala delle docce e si mettono sotto quelle bocchette traforate che stillano acqua, nude e in distratta commistione unisessuale , la bambina sguscia via, entra negli spogliatoi delle adulte, viola la loro privacy - non senza arrossire di vergogna - toccando mutande, gonne, golfini, giacche, provandosele addosso a sé, mettendosi scarpe di tre misure più grandi delle sue, ciabattando, mimando, pavoneggiandosi. Poi ritorna sotto la doccia. E le scappa una pisciatina.


Questo terzo testo segna un'apparente linea dì confine nella ancora ristretta produzione: di Virginia Virilli. Il testo scivola nella descrizione letteraria, si compiace di giochi verbali, si apparenta sempre di più alla poesia parlata con risvolti dialettali, sembrerebbe allontanarsi dal teatro. Ma il teatro, per fortuna non ha regole; non le sopporta e  non le subisce. Il tessuto connettivo della scrittura di Virginia Virilli resta la lingua: una lingua inedita, inventata, immaginosa, ricca, resa più aderente alla realtà di oggi, in cui la drammaturgia si travasa nelle, espressioni e nelle sfumature gergali e vernacolari, da quelle falso-brianzolo antico di Dario Fo, il capostipite, a quelle veneteggianti di Paolini,  romanesche di Celestini, sicule di Emma Dante, meridionali dei nuovi affabulatori del Sud italiano, e così via. In fondo, però, è la nostra lingua che si fonda sui dialetti, e basta pensare al primo documento letterario della "Rosa fresca aulentissima" e al "volgare" di Dante. Il teatro accentua i caratteri dialettali ed eccoci al patavino del Ruzante, al veneziano di Goldoni, al siciliano tradotto di Pirandello, al napoletano di Raffaele Viviani....  Ma torniamo a Virginia. Se la sua prosa preesistente alla frequentazione teatrale, ma da questa direttamente o indirettamente influenzata, è intessuta a filo doppio con lo spoletino, di cui si serve per dipingere, anche con pochi tratti, figure familiari e personaggi cittadini, non può assolutamente dirsi dialettale.


Si tratta piuttosto di una struttura linguistica a se, un fastello di trasgressioni semantiche di grande espressività, come lo è la lingua di un Aretino o di un Gadda, se portati in scena: proprio come è stato fatto in questa sala. La lingua di Virginia dilata la poetica immagine del funerale della gamba della madre, la morbosità tutta infantile di un inconsueto rapporto nonna-nipote, la descrizione dell'orrido ambiente delle piscine. La sua lingua parla teatro, quale che sia l'argomento: e il grande, sterminato tema dell'infanzia si arricchisce dell'apporto di una voce nuova. La drammaturgia e anche la letteratura, mi sembra, d'ora in poi possono contare su un nuovo " caso " la scrittura di Virginia Virilli.”]


Mario Moretti

 


TEATRO12 08

   una notte a teatro - II edizione


Il teatro del sonno


  10 maggio 2008 Teatro Comunale di Cesenatico Via Mazzini 10-12 | dalle ore 19 di Sabato 10 alle ore 07 di Domenica 11

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